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La Giornata Mondiale della Fotografia Stenopeica 2021


Nel 2001, per volontà di Greg Kemp, un gruppo di appassionati della fotografia senza lente diede vita alla prima Giornata Mondiale della Fotografia Stenopeica (Worldwide Pinhole Photography Day). La tradizione, che da 20 anni prevede l’evento l’ultima domenica di aprile, nonostante la situazione di difficoltà che il mondo sta affrontando, non si spezza: forse proprio per la natura così semplice ed essenziale del mezzo, che rifiuta ogni complicazione proveniente dall’esterno per focalizzarsi solo sul lato creativo, privo del timore dell’inaspettato di cui anzi si fa portavoce. Ed ecco che come ogni anno, in contemporanea a tanti altri fotografi sparsi per il mondo, questa domenica realizzeremo una di queste immagini che entreranno a far parte della grande gallery online, visitabile sul sito ufficiale della manifestazione.

Ma cosa è la fotografia stenopeica?

Possiamo considerarla il grado zero della tecnica fotografica: le fotocamere stenopeiche - generalmente autocostruite e gelosamente custodite dai fotografi-artigiani - non sono altro che piccole “camerae obscurae” a tenuta di luce e con un piccolo foro - stenos opaios, per l’appunto - dal quale passa la luce sufficiente per impressionare il supporto fotografico (un rullino o della carta fotosensibile).



Come dicevamo, niente complicazioni: eliminato l’obiettivo con le lenti in vetro, così come il mirino, al fotografo non resta altro che lasciare libera l’immaginazione concentrandosi sul previsualizzare la scena che vuole ottenere e avere la pazienza di strapparla alla poca luce che obbliga a mantenere tempi di posa ben più lunghi a quelli a cui siamo abituati.

Più si ha la manualità nel costruire a regola d’arte la scatola stenopeica, più l’immagine che si otterrà sarà precisa e priva di imperfezioni. Ma qui sta il bello: la tecnica stenopeica non sente la necessità, così come non la sente il fotografo che ne fa uso, di imbastire una scena perfettamente a fuoco nella nitidezza e nel senso; la fantasia non pone limiti: un pinolo può trasformarsi in fotocamera tanto quanto una intera stanza, e allora si abbandonano le proprietà descrittive più legate ai tecnicismi per perdersi in un mondo onirico, fatto delle distorsioni dell’inconscio.



È per questi motivi che da una decina d’anni abbondante frequento con grande passione il territorio della fotografia stenopeica, una pratica povera che mi ha sempre regalato grandi soddisfazioni su più fronti.

Da un lato, mi costringe a mantenere allenata la capacità di previsualizzare le fotografie, ovvero vedere fotograficamente senza necessariamente dover guardare attraverso un mirino. Ogni fotocamera stenopeica che ho realizzato e utilizzato ne è priva e mi costringe a pensare l’inquadratura secondo regole precise, scegliendo a monte formato della camera, ampiezza dell’angolo di campo, tipologia di supporto. I lunghi tempi di posa aggiungono poi un ulteriore livello di complessità nell’immaginare composizione e risultato finale, dato che nell’arco di decine di minuti all’interno del campo inquadrato possono accadere cose impreviste e portare i supporti sensibili a reagire in maniera non sempre lineare. Ed è proprio la possibilità di ottenere queste immagini inattese e irrazionali che mi affascina: attraverso uno strumento ridotto all’osso posso ricongiungermi con la parte più inconscia e meno mediata del mio immaginario, quella meno impregnata dello sguardo di tutti i giorni che si manifesta su fogli di carta fotosensibile inseriti dentro a un barattolo di pelati o una scatola di scarpe modificate per l’occasione.



Convinto del fascino irresistibile di questa tecnica e delle sue grandi potenzialità didattiche, la fotografia stenopeica è una delle attività che inserisco all’interno di workshop e laboratori. Anni fa, proprio per divulgare questo particolare approccio alla fotografia, nel 2012 diedi vita a un collettivo chiamato “Cagliari Stenopeica” (il cui motto era "Cavate una foto da un buco!"), progetto che pian piano si sviluppò sino a prendere la forma più articolata dell’Associazione Puntozero. In particolare, con l’Associazione EFYS Onlus abbiamo sviluppato numerosi laboratori per bambini e ragazzi, sempre con enorme successo e soddisfazione. In questi eventi, la fotografia stenopeica era strumento per indagare e riscoprire la città, oltre che per imparare i rudimenti della visione e della fotografia analogica.



In attesa di poter organizzare di nuovo un evento aperto al pubblico, invito tutti voi a iniziare a sperimentare: nei prossimi giorni caricheremo un video tutorial per sostenervi nella costruzione della vostra personalissima macchina fotografica a foro stenopeico e vi renderemo partecipi di un processo di arte collettiva, in grado di unire e far sorridere.


s.

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